A volte ritornano. Selaginella lepidophylla: la pianta della resurrezione

Quando ho deciso di riaprire il sito del caffè botanico e dovevo scegliere che post scrivere, avevo bisogno di una buona dose di ispirazione. Allora mi son detta – Ma perché non ripartire dalla rubrica A scuola dalle piante e trovare una nuova Musa ispiratrice? –

A scuola dalle piante è una sezione del blog in cui le piante ci svelano i loro segreti e tutto quello che hanno da insegnare. Le prime docenti sono state l’acetosella e la passiflora, piante bellissime, tenaci, capaci di adattarsi in maniera molto efficace e di sorprenderci con le loro strategie (segui i link se hai perso gli appunti delle lezioni).

Che pianta scegliere per questo rientro speciale? Dopo un silenzio durato quasi 3 anni, più che una riapertura questa è una resurrezione. Ed è allora che mi si è accesa la lampadina. Ho preso la pallina secca di rami e foglioline che avevo tra le piante in soggiorno, ho messo un velo d’acqua in un sottovaso et voilà, in poche ore, avevo la mia piantina verde e il post per il blog mezzo scritto nella mente. (Ti risparmio i dettagli su quello che ho trovato nel sito lasciato incolto per anni… come in un giardino abbandonato c’erano taaaante erbacce da estirpare).

Di che pianta sto parlando? Ma di Selaginella lepidophylla (Hook. & Grev.) Spring, la pianta della resurrezione, ne hai mai sentito parlare?

Docente: Selaginella lepidophylla (Hook. & Grev.) Spring

Specie della famiglia Selaginellaceae appartenente alle Lycopodiophyta, raggruppamento di piante vascolari molto antico, originatosi 400 milioni di anni fa nel Devoniano, che ha visto massima diffusione e sviluppo nel periodo Carbonifero (da 359 a 299 milioni di anni fa circa). Con esemplari alti fino a 40 m, le licopodiofite formavano le immense foreste che ricoprivano la superficie terrestre e che oggi costituiscono i depositi di carbone fossile. Le licopodiofite sono caratterizzate dall’avere piccole foglie, squamiformi e sessili, che crescono a spirale direttamente sul fusto e che sono chiamate microfilli, perché dotate di un unico canale vascolare.

Selaginella lepidophylla è originaria del deserto di Chihuahua (tra Messico e Stati Uniti) ed è chiamata pianta della resurrezione per il peculiare adattamento all’estrema e prolungata aridità. Quando l’acqua e l’umidità atmosferica sono scarse o assenti, la nostra prof. è capace di disidratarsi fino a livelli estremi (5%) e di mettere in atto strategie fisiologiche per resistere anche anni allo stress idrico. I tessuti rallentano drasticamente il metabolismo, i fusti si ripiegano formando una sorta di palla per limitare la traspirazione e la pianta entra in uno stato di quiescenza. Piante con questo tipo di adattamento (come alcuni muschi, felci e tutti i licheni) vengono dette poichiloidriche o reviviscenti, cioè capaci di modificare il proprio stato di idratazione in base alle condizioni ambientali, di sopportare il disseccamento e ripristinare le funzioni normali una volta ritornate l’adeguata umidità atmosferica e la disponibilità di acqua.

Non la trovi una strategia stupenda? A me ha sempre affascinato vedere i muschi, rinsecchiti e brunastri d’estate, tornare rigogliosi e verdi con le prime piogge. Ci hai mai fatto caso?

Andiamo a scuola di resurrezione da Selaginella lepidophylla (Hook. & Grev.) Spring.

Ecco come si presenta dopo parecchi mesi senz’acqua.

Selaginella lepidophylla disidratata
Selaginella lepidophylla disidratata.

Ed eccola dopo poche ore, completamente reidratata, con le foglie spiegate come verdi vele pronte a riprendere la fotosintesi.

Selaginella lepidophylla reidratata
Selaginella lepidophylla reidratata dopo poche ore.

Cosa possiamo imparare?

Resistere, resistere, resistere

La lezione che ci regala la pianta della resurrezione è il valore della resistenza, che non ha niente a che vedere con un atteggiamento passivo, ma con la capacità di far fronte a un periodo di stress, mantenendo intatte le risorse per rigenerarsi e per rifiorire al momento giusto.

Non c’è un’unica ricetta, sta a ciascuna/o di noi trovare la propria strategia di resistenza e penso che ne parleremo ancora, soprattutto visto il periodo complesso che stiamo attraversando.

Quello che è accaduto a me e al progetto del caffè botanico mi sembra molto affine a quello che accade a Selaginella lepidophylla, ecco perché l’ho scelta come Musa per questa rinascita. In un certo senso è come se mi fossi seccata in questi anni, ho rallentato molto le attività, pubblicando soltanto pochi post su Instagram, e sono rimasta quiescente fino alla stagione delle piogge che è finalmente arrivata. Ed eccomi qui, ritorno a scrivere nel blog, dopo aver ripreso con la newsletter, e piano rimetterò in moto gli altri progetti rimasti in sopseso.

Questa è la mia testimonianza. Mi racconti la tua storia di resistenza?

Old lady cactus: Mammillaria hahniana Werderm.

old lady cactus

Se c’è una passione che ho sempre avuto è quella per le piante grasse. E una delle mie specie preferite è Mammillaria hahniana Werderm., anche conosciuta come old lady cactus. Spinosa, lanosa, con la sua coroncina di fiori, simpatica, no?

Fiori in corona
Mammillaria hahniana Werderm.

Succulente che passione

Quello che mi piace di più delle piante succulente, oltre al fascino delle forme e delle spine, è che hanno degli straordinari adattamenti agli ambienti aridi e inospitali in cui vivono. E sono proprio questi adattamenti che ci devono guidare per accudirle al meglio.

Notizie su Mammillaria hahniana

La vecchia signora barbuta, come le altre specie del genere Mammillaria (famiglia Cactaceae), è originaria del Messico, in particolare in due aree piuttosto ristrette della zona centrale nei pressi di Guanajuato, San Luis Potosí e Queretaro. Vive tra i 700 e i 2200 metri sul livello del mare, su un terreno roccioso e scosceso, in aree caratterizzate da un clima con una forte escursione termica giornaliera e piogge concentrate nella stagione estiva.

Ha un fusto globoso o cilindrico, alla cui base si sviluppano dei polloni che producono altri individui andando a formare un gruppo. Il nome Mammillaria deriva dalla presenza di caratteristici tubercoli, disposti a spirale e sormontati da un’areola dalla quale emergono le spine, robuste o setolose.

I fiori, di un bel fuxia acceso, sono disposti in corona nella parte apicale e si formano all’ascella dei tubercoli, dove è concentrata una lanugine bianca. Dopo la fioritura si svilupperanno dei piccoli frutti allungati, rosso-bruni, contenenti semini marroni.

gruppo di mammillaria hahniana in fiore
Il mio gruppetto di Mammillaria hahniana Werderm.

Per prendertene cura

Le piante grasse, anche se sono adattate ad ambienti estremi e sopportano le nostre dimenticanze con stile, hanno comunque bisogno di attenzioni particolari, proprio per gli adattamenti all’ambiente di origine.

Mammillaria hahniana ama la luce e il sole. All’esterno l’esposizione a sud è quello che ci vuole, altrimenti va tenuta in serra riscaldata o all’interno. Io che vivo in Puglia, non molto distante dal mare, la tengo fuori tutto l’anno, al coperto, esposta a sud e al riparo dai venti freddi. La temperatura ottimale di crescita è tra 15 e 24 °C, mentre può sopportare temperature sotto i 5 °C se è tenuta all’asciutto.

In estate, quando il terreno si secca in superficie, va innaffiata moderatamente, evitando ristagni, mentre in inverno si può ridurre fino a sospendere l’irragazione, soprattutto se fa particolarmente freddo.

La fioritura è successiva al periodo arido, da me infatti comincia a fiorire da fine ottobre inizi di novembre, e continua fino all’inverno inoltrato. I fiori si aprono di giorno e si chiudono quando la luce si attenua.

Le piante grasse hanno un apparato radicale ampio e superficiale per poter esplorare il suolo e assorbire l’acqua in maniera efficace. Anche la vecchia signora barbuta ha le radici che mal sopportano i ristagni e che hanno bisogno di spazio, per cui è importante cambiare il vaso man mano che la pianta cresce. Il vaso più adatto è una ciotola in terracotta, larga e bassa, con terreno leggero e drenante, specifico per le succulente, misto a sabbia (proporzione 2:1).

A te piacciono le piante grasse? Ne hai una preferita? Raccontamelo nei commenti.

Io penso anche che hanno un sacco di cose da insegnarci… Stay tuned!

Bella e invadente (non è la suocera)

Bella, gialla e invadente

Sei bella, sei gialla, le foglie son piccoli cuori. Nasconde un’insidia il tuo vivo tappeto di fiori.

Il prato del mio giardino, in questo periodo, è un tappeto di fiori gialli e luminosi, cosparso di piccoli cuori verdi, che ondeggiano al vento freddo dell’inverno. Il tentativo di prato (non all’inglese) che c’è al di sotto di questo strato, di anno in anno, soccombe sembre più. Io lo lascio così, me lo godo lo stesso, anche se so che sto convivendo con un’insidia non da poco.

Del mio prato te ne parlo un’altra volta, oggi ti presento lei, l’acetosella gialla, bella e invadente come poche al mondo, da far concorrenza alla suocera più pericolosa.

Carta d’identità

Nome scientifico: Oxalis pes-caprae L., 1753

Nome comune: acetosella gialla

Famiglia: Oxalidaceae

Forma biologica: Geofita bulbosa

Fioritura: da novembre a maggio

Habitat: terreni coltivati, incolti, orti, giardini, aree urbane

Segni particolari: specie aliena naturalizzata (Neofita invasiva = diffusa dopo la scoperta dell’America nel 1492 e pericolosa per le specie spontanee)

Descrizione

L’acetosella gialla è una pianta erbacea perenne. Le foglie sono disposte in rosetta, hanno un lungo picciolo e sono composte da tre elementi cuoriformi, carnosetti, di color verde chiaro, con la faccia superiore punteggiata di scuro e quella inferiore ricoperta da una leggera peluria.

I fiori, disposti in un’infiorescenza a ombrello portata da un lungo scapo privo di foglie, sono giallo limone, con 5 sepali e 5 petali.

L’acetosella sviluppa sottoterra piccoli bulbilli ovoidali, con apice appuntito e ricoperti da una tunica bruna, che vengono spinti in profondità nel terreno (anche oltre 20 cm) da contrazioni della radice carnosa.

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Origine, distribuzione e habitat

Oxalis pes-caprae L. è una specie originaria del Capo di Buona Speranza in Sud Africa, introdotta in Sicilia alla fine del 1700 a scopo ornamentale. Essendo una specie poco esigente ed estremamente adattabile, da lì si è diffusa con rapidità in tutto il bacino del Mediterraneo e oltre. In italia è presente in quasi tutte le regioni e la ritroviamo nei campi coltivati, negli incolti, nelle aree urbane, ma anche in quelle naturali, ai margini dei boschi e nelle praterie. Viene considerata una specie aliena (originaria di un altro territorio e giunta in un luogo a causa dell’attività dell’uomo, volontaria o involontaria ) naturalizzata, poiché riesce a riprodursi e a diffondersi autonomamente, formando popolazioni stabili.

Biologia ed Ecologia

Il periodo vegetativo dell’acetosella gialla va dall’autunno, quando sviluppa le foglie e comincia a fiorire, fino alla primavera inoltrata. Con l’arrivo del caldo eccessivo chiude il ciclo e resta vitale sottoterra grazie alla presenza dei bulbilli, piccoli organi in cui la gemma viene protetta e che rappresentano il mezzo di propagazione vegetativa della specie. Infatti, Oxalis pes-caprae L. difficilmente produce semi, ma riesce a diffondersi molto rapidamente proprio grazie ai bulbilli, che ogni individuo produce in abbondanza e che restano nel terreno in profondità. Da questi, poi, ogni anno emergono nuove foglie e nuovi scapi fiorali, creando in breve tempo un tappeto di piante che sottraggono le risorse alle piante già presenti. Questa invasione causa danni alle specie spontanee e a quelle coltivate, infesta i giardini, i frutteti e gli ambienti naturali. Il guaio è che, quando si cerca di diserbare manualmente strappando le piante, i bulbilli restano nel terreno, garantendo all’acetosella di “ricomparire” nuovamente. E anche zappettare o usare mezzi meccanici non porta a risultati, anzi ne favorisce la diffusione, spargendo i bulbilli qui e là.

L’acetosella gialla è poco esigente da un punto di vista ecologico. Si adatta a tutti i tipi di suolo, anche alla sabbia e ai suoli rocciosi, e sopporta la scarsità d’acqua. Cresce bene al sole, ma anche all’ombra. L’unico fattore limitante è un prolungato periodo di basse temperature. Insomma, una vera iattura. Bella e infida.

Convivenza non pacifica

Le specie aliene invasive, come l’acetosella gialla, sono così competitive da creare parecchi danni alla Flora spontanea. Sottraendo risorse e spazio fisico con la loro rapida e massiccia diffusione, possono causare anche l’estinzione di specie spontanee più esigenti e con difficoltà di propagazione.

Tornando al piccolo mondo del mio giardino, anche qui la convivenza è piuttosto difficile. Quella streghetta cresce ovunque, la ritrovo in tutti i vasi, ricopre e tenta di soppiantare le piante che metto io e mi dà un sacco di lavoro in giardino (quando decido di affrontarla). Pensare di eliminarla è impossibile, la lotta è impari, l’unica cosa è cercare di arginarla.

Ma posso imparare qualcosa da questa tenacissima e invadentissima pianta? Ci ho riflettuto e ho pensato di scriverci su un post. Alla prossima.